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Contro il bombardamento imperialista della Libia. Per il rovesciamento rivoluzionario della dittatura di Gheddafi
25 Mar 2011 | Il 19 marzo una coalizione di potenze occidentali guidate dagli Stati Uniti, Italia, Francia e Gran Bretagna, con il sostegno dei governi filo-imperialisti della Lega Araba e la copertura delle Nazioni Unite, ha iniziato un attacco militare contro la Libia...
Contro il bombardamento imperialista della Libia. Per il rovesciamento rivoluzionario della dittatura di Gheddafi

Il 19 marzo una coalizione di potenze occidentali guidate dagli Stati Uniti, Italia, Francia e Gran Bretagna, con il sostegno dei governi filo-imperialisti della Lega Araba e la copertura delle Nazioni Unite, ha iniziato un attacco militare contro la Libia, come preannunciato dalla risoluzione 1973 adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Una pioggia di bombe e missili lanciati da aerei e da navi da guerra e sottomarini di stanza nel Mar Mediterraneo, sono già caduti su obiettivi militari di Gheddafi vicino a Tripoli, Bengasi e in altre città , mentre il numero di vittime civili di questi bombardamenti restano sconosciute.

Questo intervento imperialista, denominata "Odissea all’Alba", è stato presentato dagli Stati Uniti, dalla Francia e dai loro alleati come un azione "umanitaria" con l’obiettivo asserito di "proteggere la vita dei civili" libici. Come abbiamo denunciato, si tratta di una grande ipocrisia, in quanto coloro che ora attaccano Gheddafi e si proclamano paladini della "democrazia" erano i più fermi sostenitori di regimi dittatoriali arabi, come quello di Ben Ali e Mubarak, mentre continuano ancora a sostenere i loro agenti contro la mobilitazione popolare, come fa Obama con le monarchie del Bahrein e dell’Arabia Saudita.

Con l’intervento in Libia, le potenze imperialiste cercano di impedire che una possibile caduta di Gheddafi possa portare alla nascita di un nuovo regime che metta in discussione i loro interessi.

Più in generale, tentano di guadagnare legittimità cercando di apparire dalla parte dei "ribelli" per poter intervenire ancora più direttamente e porre fine ai sollevamenti popolari che stanno scuotendo i paesi del Nord Africa e la penisola arabica e garantire "transizioni" o sviamenti. Questo processo, iniziato in Tunisia, continua ad espandersi, come ha dimostrato la rinnovata mobilitazione popolare in Marocco contro la monarchia, un regime alleato con la Spagna, che tra l’altro, aiuta a contenere le ondate di immigrazione verso l’Unione Europea, o come il processo nello Yemen che ha avuto un salto di qualitàcon il tentativo di rovesciare Saleh, un alleato importante degli Stati Uniti nella “guerra al terrorismo".
L’operazione militare “Odissea all’Alba" non è priva di contraddizioni e il suo esito è incerto. Le potenze europee erano divise sull’intervento in Libia. Il governo di Sarkozy, per ragioni di politica interna, al fine di cambiare la sua immagine dopo aver sostenuto il dittatore Ben Ali in Tunisia e, soprattutto, per i suoi interessi nel Mediterraneo, ha deciso di riconoscere unilateralmente il Consiglio Nazionale di Transizione, ed è stato un fervente sostenitore di un intervento militare insieme alla Gran Bretagna, mentre la Germania si è opposta all’intervento e si è astenuta nella votazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Allo stesso tempo sono state chiare le divisioni all’interno del governo americano, un segno del declino egemonico degli Stati Uniti.
In pochi giorni, il presidente Obama ha cambiato posizione e ha deciso di spingere per l’intervento, anche se i capi del Pentagono si erano esplicitamente dichiarati contro una nuova incursione militare in un altro paese musulmano, tenendo conto che gli Stati Uniti sono già impegnati a Iraq e Afghanistan.

Questo cambiamento di posizione si spiega con una combinazione di fattori: dal non lasciare alla Francia un ruolo troppo da protagonista fino all’invertire la caduta di influenza degli Stati Uniti nei nuovi processi nel mondo arabo, come è stato esposto, nel suo recente viaggio, da Hillary Clinton in Egitto, rispetto ai settori giovanili che facevano parte del blocco multiclassista che ha rovesciato Mubarak.

La Lega Araba, composta da dittatura filo-imperialiste e da monarchie contro cui le masse si stanno rivoltando, ha sostenuto la risoluzione e ha dato una copertura significativa all’azione militare, impedendo ai popoli della regione di comprendere come questo sia un altro intervento degli Stati Uniti e di altre potenze per difendere i loro interessi e il rifornimento petrolifero. Ma di fronte alla prospettiva che i bombardamenti causino un elevato numero di vittime nella popolazione civile, hanno cominciato a mettere in discussione moderatamente la portata degli attacchi della coalizione.

Lo stesso hanno fatto la Russia e la Cina che non hanno impedito l’intervento usando il loro diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e ora criticano i bombardamenti.

Inoltre non è chiaro quali siano gli obiettivi della politica di intervento e se i membri della coalizione imperialista che stanno conducendo l’intervento siano d’accordo. Ciò apre scenari diversi: uno è quello che semplicemente si cerchi di raggiungere, dopo alcuni giorni di bombardamenti, un negoziato con Gheddafi che porti alla sua resa in cambio dell’immunità e l’instaurazione di un governo di unità nazionale composto dai "ribelli" e dal resto dell’apparato di Gheddafi; un altro scenario possibile, ma più traumatico è quello di una temporanea divisione del paese in una zona controllata dai "ribelli" ad Oriente e una sotto il controllo di Gheddafi o di suoi seguaci a Occidente. Ma non si può escludere l’obiettivo di un "cambiamento di regime" con mezzi militari, non facilmente realizzabile, che implica una escalation dell’intervento imperialista, anche con truppe di terra, aprendo la possibilità di una guerra controinsurrezionale come in Iraq o in Afghanistan, ma in questo caso di fronte alle coste europee.
Queste contraddizioni sono emerse pochi giorni prima che l’attacco iniziasse con una discussione su chi deve continuare a guidare l’operazione, in cui da una parte gli Stati Uniti e Gran Bretagna, che sostengono che il comando delle operazioni spetti alla NATO e la Francia che ha posto le sue riserve.

La direzione "ribelle" del Consiglio Nazionale di Transizione, di fronte alla superioritàmilitare di Gheddafi, invece di fare appello alla solidarietà attiva dei lavoratori, dei giovani e dei settori popolari, che dalla Tunisia allo Yemen fino al Senegal e al Marocco, mostrano il loro eroismo nell’affrontare i loro governi reazionari, ha sollecitato per settimane l’intervento imperialista per frenare Gheddafi, creando l’illusione nelle migliaia di persone che sono insorte a Bengasi e in altre città che l’imperialismo possa agire nell’interesse della masse popolari. A peggiorare la situazione, c’è il fatto che il Consiglio, composto per lo più di ex funzionari sostenitori di Gheddafi, ceti medi accomodanti e opposizione borghese, hanno garantito alle diverse potenze che rispetteranno i contratti petroliferi e gli investimenti imperialisti nel paese. A sua volta, questo Comitato non ha avuto assolutamente alcuna politica verso le centinaia di migliaia di lavoratori immigrati che lavorano in Libia, che sono la maggioranza della popolazione attiva e sono stati lasciati in balia di questa o di quella l’altra banda.

La sinistra riformista, tra cui partiti verdi di diversi paesi europei, il Partito Socialista e il Partito di Sinistra in Francia, e altri ancora, hanno usato l’argomento socialdemocratico che l’intervento militare degli Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e dei loro alleati permetterà al popolo libico di ottenere conquiste democratiche, per giustificare la loro scandalosa capitolazione all’intervento militare imperialista, come già avevano fatto con argomenti "umanitari" di fronte alla guerra nell’ex-Jugoslavia o nel Kosovo.

I marxisti rivoluzionari hanno chiaramente affermato che l’imperialismo non interviene per far vincere la rivolta popolare contro Gheddafi, ma per cercare di imporre un regime fantoccio al servizio dei loro interessi, come ha fatto dopo l’invasione in Afghanistan e in Iraq. Né la via d’uscita è quella di Chavez e altri "progressisti" di subordinarsi a Gheddafi, che non solo è diventato un dittatore filo-imperialista, ma è impegnato in una guerra contro-rivoluzionaria per schiacciare una rivolta popolare che ha sfidato il suo regime, come parte integrante delle rivolte che avvengono nella regione. L’unica via d’uscita progressiva per il popolo libico è quella di combattere con forza sia contro l’intervento imperialista sia per rovesciare la dittatura reazionaria di Gheddafi. In questa lotta gli alleati del popolo libico sono i lavoratori e i settori popolari che sono insorti in Nord Africa e nei paesi arabi contro le dittature e le monarchie filo-imperialiste; i lavoratori, i giovani e i milioni di immigrati nei paesi imperialisti che possono boicottare la politica guerrafondaia di Sarkozy, Zapatero e compagnia; assieme a tutti gli sfruttati del mondo.

Invitiamo le organizzazioni dei lavoratori, degli studenti e delle organizzazioni di base dei diritti umani e dei partiti di sinistra, a organizzare azioni e manifestazioni per condannare l’aggressione militare dell’imperialismo e in solidarietà con la lotta del popolo libico.

No all’intervento militare imperialista in Libia! No a Gheddafi!

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