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La giunta militare propone una legge contro gli scioperi

Egitto: “transizione”... ma con il pugno di ferro

01/04/2011

Egitto: “transizione”... ma con il pugno di ferro

A quasi due mesi dalla caduta di Hosni Mubarak, che si era dimesso in seguito alla grande mobilitazione di massa che era iniziata il 25 gennaio, la giunta militare sta guidando il processo di transizione. All’interno di questa transizione, insieme con il referendum del 19 marzo, che ha registrato un relativa partecipazione, il Consiglio Militare sta mettendo a punto un progetto di legge che vieta le proteste operaie, che continuano da febbraio, Se il progetto fosse approvato diverrebbe un crimine partecipare a uno sciopero, a un sit-in o a una manifestazione che possano interferire con lo sviluppo economico. In tal modo, si vorrebbe limitare il diritto di sciopero o di qualunque azione di forza che possano compromettere lo sviluppo economico, facendoli diventare strumenti poco efficaci come strumenti di azione operaia.

Domenica 27 marzo in Egitto ci sarà una manifestazione di lavoratrici e di lavoratori contro il progetto contro il disegno di legge messa al bando gli scioperi e le proteste dei lavoratori, perché "intaccano l’economia".Il disegno di legge, promosso dal Consiglio dei ministri e sostenuta dall’esercito, criminalizza le lotte per migliori salari e condizioni di lavoro, mentre si mantiene lo stato d’emergenza. Lo stato di emergenza in vigore dal 1981, è stato respinto a a larga maggioranza della popolazione ed è stato uno degli slogan principali che ha fatto crescere la rivolta iniziata il 25 gennaio e che ha portato alle dimissioni del dittatore Mubarak l’11 febbraio.

Nel febbraio del 2011, è partita un’ondata di scioperi nei servizi e nell’industria che ha paralizzato il paese e ha mostrato la forza sociale della classe operaia e impaurito i padroni. In seguito alle dimissioni di Mubarak, il nuovo governo guidato dalla giunta militare ha esortato la gente ad abbandonare le strade e le proteste per "costruire un nuovo Egitto". Anche se gran parte delle classi medie che hanno partecipato al movimento di piazza Tahir si è ritirata dalle piazze, gli scioperi si sono protratti per settimane.

Anche se il governo militare ha promesso di abrogare lo stato di emergenza prima che si svolgano le elezioni nel settembre 2011, tuttavia mantiene i divieti esistenti derivanti da questa legge. Diversi settori hanno espresso la loro sana sfiducia nella transizione e il disegno di legge di messa fuorilegge degli scioperi non fa che accrescere questa diffidenza. Il movimento giovanile "6 aprile", ha condannato la proposta di legge e ha dichiarato: "E ’inaccettabile sopprimere la libertà di espressione per la gente, qualsiasi sia la ragione." Infatti il gabinetto militare sta sostenendo il progetto di legge giustificandolo con le preoccupazioni per gli effetti che gli scioperi hanno avuto sull’economia.

Se il decreto venisse approvato diverrebbe reato partecipare a uno sciopero o a una manifestazione che possa colpire l’economia del paese. Quindi, limita il diritto di sciopero, o di qualunque azione di forza che possa compromettere lo sviluppo economico facendola diventare uno strumento poco efficace per la lotta operaia. Questo progetto non è una novità della giunta che ha preso il potere nel post-Mubarak: nel 1952, dopo il colpo di stato che pose fine alla monarchia, il consiglio rivoluzionario del governo del colonnello Nasser mandò a morte due attivisti operai, con il pretesto che fossero "controrivoluzionari"; nel 1977 l’allora presidente Anwar Sadat redasse una legge simile contro le proteste del gennaio dello stesso anno. I militari del governo dicono che gli scioperi che si sono sviluppati dopo la caduta di Mubarak non hanno ragione di essere perché il governo sta lavorando a una nuova politica salariale e occupazionale. Nel frattempo, hanno chiesto di aspettare pazientemente la riforma, mentre nelle fabbriche i lavoratori e le lavoratrici sopportano l’enorme divario tra i salari da miseria e i milioni in profitti dei padroni.

Si noti anche che l’esercito non è un attore neutrale in questa disputa tra datori di lavoro e dipendenti. Una parte importante delle fabbriche e delle aziende appartengono ad alti ufficiali dell’esercito e molti investimenti sono dei militari e delle loro famiglie. I militari sono i proprietari della società di acque minerali, di olii, di pesticidi e controllano gli impianti del trattamento delle acque, nonché alberghi e altre società di servizi.

Nuovi scioperi e organizzazioni

Dal 1° marzo, 6000 insegnanti nella provincia di Qena hanno lanciato uno sciopero per il passaggio a ruolo di tutti gli insegnanti e delle insegnanti (che sono lavoratori temporanei e non hanno la sicurezza di lavoro). Il Ministero dell’Istruzione ha replicato che gli insegnanti precari da più di tre anni sarebbero stati assunti a tempo indeterminato, previo passaggio di un esame. Gli scioperanti hanno respinto la proposta e hanno affermato che continueranno a lottare fino a quando "tutti gli insegnanti che lavorano a tempo determinato o precario saranno assunti a tempo indeterminato.” (Sinistra Lavoro Reporter, 24 / 3).

Questo sciopero è un esempio delle proteste che si sono sviluppate negli ultimi mesi, per ottenere migliori condizioni di lavoro e salari più alti. Insieme a questa ondata di scioperi, dopo la caduta di Mubarak, diversi sindacati si sono organizzati in modo indipendente dalla vecchia centrale. Come parte di questo processo di riorganizzazione è stata creata una nuova centrale sindacale indipendente che tra le rivendicazioni chiede la rinazionalizzazione delle imprese privatizzate, la libertà sindacale, il diritto di sciopero e la dissoluzione della federazione sindacale burocratica.
In questi quadro, il 24 marzo è stata formata l’Unione Indipendente dei Lavoratori dei Trasporti Pubblici con una manifestazione a cui hanno partecipato centinaia di lavoratori presso la sede dell’Unione dei Giornalisti. Il sindacato organizza 60.000 conducenti di autobus, piloti, meccanici e gli ingegneri del trasporto pubblico in tutta la regione intorno al Cairo (http://www.arabawy.org).

Transizione con il pugno di ferro

Malgrado ci fossero delle aspettative di cambiamento dopo l’ondata di manifestazioni che hanno fatto cadere Mubarak e del fatto che fossero le prime elezioni in 50 anni, la partecipazione ael referendum del 19 marzo è stata relativamente bassa (41% secondo la stampa).Questo si spiega in parte con i limiti della proposta plebiscitaria, che includeva solo una serie di modifiche ad alcuni articoli della Costituzione.

Tuttavia, le poche modifiche alla Costituzione (che contiene alcune riforme democratiche e la convocazione delle elezioni) sono state presentati dalla stessa giunta, al fine di tenere in piedi nell’essenza il potere del regime militare. Ovvero, sono stati i capi militari, e non le masse che hanno rovesciato Mubarak, a decidere cosa doveva essere conservato e cosa che doveva essere abrogato della vecchia Costituzione, impedendo così ogni remota possibilità di una convocazione di un’Assemblea Costituente, che ridiscutesse tutti problemi del paese, compreso il rapporto con l’imperialismo e lo stato sionista d’Israele, così come il potere dell’esercito nella vita politica ed economica dell’Egitto.

A questo fine, l’esercito ha avuto l’inestimabile aiuto dei Fratelli Musulmani che sono passati dall’opposizione al sostegno entusiasta del "Sì" nel referendum, che serve solo per aprire la strada per deviare la rivolta popolo egiziano lungo il percorso di una sterile di elezioni presidenziali in cui ci sia una "clausola di salvaguardia" per l’esercito come un pilastro fondamentale del regime. E’ in questo contesto che il Consiglio militare ha potuto sostenere una linea dura contro gli scioperi, e ci siano stati casi di tortura e persecuzione denunciati da molti attivisti e organizzazioni. Il caso più noto è il recente rapporto di 17 organizzazioni per la tortura di oltre 170 attivisti arrestati il 9 marzo dopo lo sgombero di piazza Tahir e poi trasferiti prima in locali presso il Museo Egizio e poi nel carcere militare. Tra gli arrestati c’erano 18 donne, che sono state pestate e torturate con scosse elettriche e a cui è stato persino praticato (ad almeno 6 di esse) un "test di verginità " (il controllo se l’imene fosse intatto.)Partendo dalla consuetudine reazionaria del divieto di rapporti sessuali prematrimoniali, i militari hanno umiliato le donne detenute, al fine di inviare un messaggio a tutte le donne che hanno partecipato in massa alle proteste dal gennaio 2011.

Per questo motivo, le organizzazioni per i diritti umani e delle organizzazioni sociali hanno denunciato violazioni dei diritti umani e hanno chiesto che i responsabili siano perseguiti. Pochi mesi fa in Piazza Tahir, un manifestante mostrava un cartello che diceva "una mezza rivoluzione equivale alla distruzione della nazione". L’attuale transizione guidata dalla giunta militare mette in discussione le conquiste della rivoluzione democratica egiziana trionfante. All’ opposto di questa visione, che giunge all’impasse di scegliere il male minore, la caduta di Mubarak è stato solo il primo passo del processo rivoluzionario che si è aperto in Egitto e che si è esteso in gran parte del mondo arabo e musulmano.

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